sabato 15 febbraio 2014

Extract: "Una ragione per amare" di Rebecca Donovan


"Decisi di non pensarci più e di fare quello che avrei dovuto fare tre mesi prima.
Entrai nella camera oscura. Evan si stava asciugando le mani al lavello.
Chiusi la porta dietro di me e mi ci appoggiai, incapace di muovermi. Lui lanciò l’asciugamano di carta nel cestino e mi guardò, esitando per un secondo.  Il mio petto fu scosso da un respiro spropositato. Il mio cuore batteva freneticamente contro la camicia.
Lui mi lesse negli occhi spalancati esattamente cosa volevo che facesse e si avvicinò a me. Gli avvolsi le braccia al collo e mi tirò verso di lui. Mi misi sulla punta dei piedi, allungandomi per trovarlo. Lui mi strinse mentre apriva  le labbra, e io sentii il calore del suo respiro.
Il mio cuore lasciò andare un’ondata che mi tolse il respiro quando sentii la sua lingua morbida. Le sue labbra erano decise ma gentili, schiacciate contro le mie in un ritmo lento e senza fiato. Piccole scintille mi volavano nella testa e giù per la schiena – le gambe mi tremavano.  Abbassai la testa sul suo petto prima che le gambe mi cedessero. Lui continuò ad abbracciarmi, appoggiando il mento sulla mia fronte, mentre io sentivo il suo battito accelerato e i sospiri profondi. Mi asciugai una lacrima sfuggita dagli occhi, cercando di ricordare come si faceva a respirare.
 «Valeva la pena di aspettare», sussurrò lui, e poi aggiunse con sarcasmo:
«Ti sono mancato, eh?». 
Guardai il suo sorriso perfetto e risposi con un sorriso ironico: «Sono sopravvissuta». 
«Ho sentito».  Lo spinsi via e lo guardai con sospetto. 
«Ho ancora degli amici qui». Scrollò le spalle. In quel momento suonò la campanella, dichiarando la fine della giornata scolastica.
 «Che vuoi fare? Vuoi andare a casa?»
 «In realtà resto a dormire da Sara stanotte». 
«Davvero?», chiese Evan, alzando le sopracciglia con un sorriso cauto.
«Pensi che a Sara importerà se ti rapisco per un paio d’ore?».
Si appoggiò con noncuranza alla porta mentre io andavo al lavello per pulirmi le sue impronte dalla faccia.  Il mio cuore si fermò.
«Um, penso che non ci siano problemi», risposi, girandomi verso di lui.
«Cos’ hai in mente?». 
«Dobbiamo parlare. Voglio dire, non avrei potuto chiedere un modo migliore di essere accolto, ma devo dirti un po’ di cose prima che ci siano altri fraintendimenti».  Trasalii.
Non potevamo fermarci alla perfetta accoglienza? Il mio stomaco si chiuse, per paura di quello che doveva dire lui. Potevo solo immaginarlo, anche se non poteva essere peggio di quello che mi ero detta da quando se n’era andato. 
«Quindi sei tornato?», domandai incuriosita. 
«Già». Sorrise. «Avremo modo di parlarne». 
«Fantastico», sbuffai, chiudendomi la felpa per nascondere le impronte blu e le macchie di verde sulla mia camicia. 
Evan rise. «Non essere nervosa. Sono qui, giusto?».
Mi afferrò la mano, e il calore del suo tocco si diffuse in tutto il mio braccio."


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